Il 3 aprile 1945, l’attacco al presidio fascista di Borgata Rosa riesce, ma viene ucciso il partigiano Alberto Caudana “Mario”.

Su “La Stampa” del l’11 aprile ’76, Carlo Mussa Ivaldi comandante del Gruppo Mobile Operativo GMO-GL, ci spiega come avvenne l’assalto al presidio fascista di Borgata Rosa. I partigiani del GMO sono sulla locomotiva del tram, ormai senza vagoni, proveniente da San Mauro Torinese e diretta verso Torino quando questa entra nel presidio.

Il tram oltrepassa il muro di cinta e si ferma. Ci aspetta una brutta sorpresa: il piazzale è letteralmente gremito di nereggianti uniformi e fez neri col teschio luccicante. Forse una trentina così a occhio e croce. Ho la netta sensazione che non ne usciremo. Subito tutti abbiamo capito che l’unico scampo poteva esserci dato dal serrarci in quella che i tedeschi
chiamano «igestellung», la postazione ad istrice. Facciamo cioè quadrato coprendoci col nostro fuoco. Vedo che molti saltano il muro. Uno dei nostri getta una bomba a mano. Un nostro ragazzo ventenne, Mario Caudana, ci precede tutti e salta giù dal tram sparando. Appena a terra il suo passo diviene ondeggiante, come per una danza e si adagia al suolo: sotto di lui si allarga una grande pozzanghera rossa. Restano in mente scorci frammentari dell’azione che procede: armi che sparano a bruciapelo, brevi corse, poi giù a terra, un mitra che spara verso di me e mi sembra un innafiatoio che getta fuoco…

D’improvviso cala il silenzio. Credo siano passati pochi minuti, nessuno ha guardato l’orologio. Sono silenziosi anche i poveri mucchi stesi al suolo intorno a noi che ci rialziamo mentre loro stanno immobili, stesi su grosse macchie rosse. Su una di queste, il solo nostro Caduto, Mario Caudana, va a chinarsi il fratello Vincenzo.

Alberto “Mario” Caudana, classe 1923, ucciso dai fascisti il 3 aprile 1945 durante l’azione di forzamento del presidio fascista di Borgata Rosa, decorato con medaglia di Bronzo al Valore Militare. (Fotografia ISTORETO)
Alberto “Mario” Caudana, classe 1923, ucciso dai fascisti il 3 aprile 1945 durante l’azione di forzamento del presidio fascista di Borgata Rosa, decorato con medaglia di Bronzo al Valore Militare. (Fotografia ISTORETO)

Caudana Alberto (Mario per i famigliari e gli amici), di Albino e di Aprà Lucia, nato a Torino il 18 marzo 1923, magazziniere, abitante in via Faà di Bruno 1. Militare dell’aviazione dall’inizio della guerra, rientrò a Torino da Pola dopo l’8 settembre 1943; nel successivo mese di novembre venne assunto nei Vigili del fuoco e assegnato al distaccamento di Lucento; militò nella 32ª brigata Sap cittadina “Colorni” del 2° Settore (Città) sino a quando, nel 1944, la sua attività antifascista venne scoperta dalla polizia fascista; si unì al Gruppo mobile operativo delle formazioni GL, col nome di battaglia Gable. Vicecommissario della brigata Aldo Brosio, che operava nella zona di Castiglione Torinese, cadde in combattimento durante l’attacco a un posto di blocco fascista in Borgata Rosa a Torino, il 3 aprile 1945.

 

 

Il posto di blocco di Borgata Rosa come è oggi (2017): sulla sinistra la lapide che ricorda Alberto “Mario” Caudana.
Il posto di blocco di Borgata Rosa come è oggi (2017): sulla sinistra la lapide che ricorda Alberto “Mario” Caudana.
La fotografia della lapide. (Foto Archivio privato Guglielmo Girardi)
La fotografia della lapide. (Foto Archivio privato Guglielmo Girardi)

Ad Alberto “Mario” Caudana fu concessa la medaglia di Bronzo con la motivazione:

Nel corso di un’azione di forzamento ad un posto di blocco condotta in pieno giorno, accortosi che l’avversario ne aveva rinforzato la guarnigione e che la sorpresa veniva quindi a mancare, non esitava ad aprire il fuoco sul nemico e, da solo, da una posizione scoperta, continuava a sparare con il suo fucile mitragliatore, finché, colpito da una raffica avversaria, cadeva gloriosamente sul campo.
Torino – Borgata Rosa, 3 aprile 1945.

 

Fotografia e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

Il 27 febbraio 1945, a Cavallermaggiore, i fascisti della brigata nera “Lidonnici” fucilano 4 partigiani tra cui il sanmaurese Francesco Rosso (Sussa)

27 febbraio: l’uccisione di un milite delle BN a Cavallermaggiore porta a una rappresaglia della BN “Lidonnici” in cui vengono fucilati 4 partigiani catturati in precedenza tra cui il sanmaurese Francesco Rosso (Sussa).

Mons. Can. Teol. Giovanni Bonada, Priore-Parroco di San Michele, così racconta i fatti

Nel febbraio del 1945, un milite delle Brigate Nere, mentre per caso si trovava a Cavallermaggiore, venne proditoriamente ucciso sulla piazza Vittorio Emanuele da tre partigiani che erano venuti dalle Langhe e lo avevano appostato!

Alla sera arrivano a Cavallermaggiore i repubblicani neri: furibondi vogliono prendere tra i cittadini di Cavallermaggiore 25 ostaggi e fucilarli per vendicare il morto; inoltre stanno per dare il fuoco alla città. Le autorità del paese, le persone più considerevoli fuggono, fuggono tutti: resto io solo, prendendo il coraggio a quattro mani per trattare con quegli uomini inferociti.

Prego e supplico, e, con l’aiuto di Dio e della Madonna delle Grazie, riesco finalmente a stornare, a impedire l’una e l’altra cosa; però, per vendicare il morto e dare una lezione ai vivi, pochi giorni dopo vennero portati a Cavallermaggiore quattro partigiani prelevati altrove, fucilati sulla grande piazza; ed io, povero priore, ho compiuto il doloroso incarico di prepararli alla morte, amministrando loro i Santi Sacramenti e assistendoli sino alla fine.


I partigiani, della Brigata “Pisacane” catturati nella zona nei giorni precedenti e tenuti prigionieri, sono: Franco Lusso (Giovane) torinese, Mario Gonzales di Napoli, Guido Lantelme (Cric) di Pragelato e Francesco Rosso (Sussa) di Strada Bertolla di San Mauro Torinese.

Francesco Rosso (Sussa), classe 1921, fucilato alla schiena, dai militi della Brigata Nera “Lidonnici” di Savigliano, il 26 febbraio 1945 con altri tre partigiani nella piazza Vittorio Emanuele II di Cavallermaggiore
Francesco Rosso (Sussa), classe 1921, fucilato alla schiena, dai militi della Brigata Nera “Lidonnici” di Savigliano, il 26 febbraio 1945 con altri tre partigiani nella piazza Vittorio Emanuele II di Cavallermaggiore

Il partigiano Francesco Rosso (Sussa), nato il 1° novembre 1921 a Torino, residente a S. Mauro Torinese in Strada Bertolla 223, appartiene al distretto militare di To, e nel luglio del 1944 si unisce alla 4ª Brigata Garibalidi poi 105ª Brigata Pisacane della 1ª Divisione Leo Lanfranco nelle formazioni GARIBALDI.  Qui svolge il ruolo di Capo Squadra fino quando viene catturato a Racconigi il 26 febbraio 1945. Il 27 febbraio viene portato a Cavallermaggiore dove muore “fucilato alla schiena dai militi della Brigata Nera “Lidonnici” di Savigliano per ordine della stessa”.

Francesco è ricordato a Torino in Strada Bertolla 111 e in Lungo Stura Lazio, località “La Barca”.

Cavallermaggiore. Scritta sulla lapide posta nella piazza principale (Vittorio Emanuele II) e che ricorda i quattro partigiani (tra cui il sanmaurese Francesco Rosso) colà fucilati il 26-2-1945.
Cavallermaggiore. Scritta sulla lapide posta nella piazza principale (Vittorio Emanuele II) e che ricorda i quattro partigiani (tra cui il sanmaurese Francesco Rosso) colà fucilati il 26-2-1945.

Fotografie e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

17 gennaio 1945. Avviene il “fatto di sangue” a San Mauro: i fascisti si sparano l’un contro l’altro

Giuseppe Fanciotto a, da poco nominato Maresciallo nella Brigata Nera “Ather Capelli” dove era addetto al “Comando Germanico”, è all’interno dell’Albergo Reale con la sua scorta Aldo Pautasso, brigatista, ma di Settimo, e sta aspettando il tramvai che l’avrebbe riportato a Torino. Qui lo raggiunge Pietro Grondana, brigatista sanmaurese, che l’ho avverte che due partigiani sul lato opposto della via stanno fermando delle automobili.
I tre allora escono e intimano l’alt ai due partigiani, che immediatamente cercano di fuggire separandosi. Uno, Cartuccia b, fugge lungo il Po e i fascisti gli sparano forse ferendolo, ma non lo catturano. L’altro, Moretto c, viene fermato davanti a San Rocco con le armi puntate e sta per essere ucciso. Con molto sangue freddo, Moretto “confessa” che il paese è circondato dai suoi uomini e che una macchina del CLN deve transitare di lì a pochi minuti.  E chiede la vita salva per queste “importanti rivelazioni”. I briganti neri, credendogli, si innervosiscono, sospendono per il momento l’esecuzione, bloccano il traffico e fermano le auto che sopraggiungono.

Giovanni Amato, Podestà di San Mauro dal 4 settembre 1943 al 17 gennaio 1945
Giovanni Amato, Podestà di San Mauro dal 4 settembre 1943 al 17 gennaio 1945

Nel frattempo, il podestà Giovanni Amato, che aveva udito gli spari esplosi contro Cartuccia, uscito dal Municipio, raggiunge la piazzetta di San Rocco con il Messo Comunale, e discute con le BN locali, che riconosce, cercando di far cessare ogni atto di violenza.

Ma, come ricorda il partigiano sanmaurese Silvestro Zampieri (Caramba), “Fu a questo punto che le cose precipitarono. Da Gassino stava arrivando una colonna della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) che vide alcuni civili fuggire spaventati dalle raffiche, si fermarono davanti al municipio a chiedere cosa stesse succedendo e qualcuno gridò loro che c’erano i partigiani. Il loro tenente dispose allora l’attacco e i suoi uomini scesero a piedi, armi in pugno, la discesa davanti al ponte: quando furono a vista dei fascisti di Fanciotto, che erano tutti in borghese, e che stava puntando i mitra contro un uomo addossato al muro, non ebbero dubbi che fossero partigiani e spararono loro addosso, a tutti tranne al partigiano Moretta.”

Uccidono subito il brigatista di Settimo Aldo Pautasso, feriscono mortalmente il Podestà Giovanni Amato, feriscono il brigatista sanmaurese Grondana e i passanti Della Valle Pierino di Ettore (detto Calvaga mentre scende in bici dal ponte davanti all’Ottica Brucato), Moncalvo Giuseppe fu Luigi, Omedei Vincenzo fu Nicola (mentre aspetta alla fermata del tramvai).
Moretta approfitta della confusione per fuggire e si dilegua subito verso la collina, mentre la sparatoria continua per un po’ di tempo prima che, tra i fascisti, si accerti l’equivoco.
Solaro d, Federale di Torino, dopo un’indagine locale e il recupero della salma di Pautasso, informa Pavolini, segretario del PFR, che si è trattato di un tragico e fortuito incidente.

Il Podestà e Commissario Prefettizio Giovanni Amato è ricoverato all’ospedale Maria Adelaide di Chivasso dove muore due giorni dopo.

Gli altri sanmauresi feriti sono ricoverati presso la C.R.I. di Strada Mongreno.

Documento del 13/2/1945 della C.R.I. di Strada Mongreno con l’elenco dei ricoverati in seguito alla sparatoria del 17/2/1945. (A.STO.SM., VIII, 5, 413, 8)
Documento del 13/2/1945 della C.R.I. di Strada Mongreno con l’elenco dei ricoverati in seguito alla sparatoria del 17/2/1945. (A.STO.SM., VIII, 5, 413, 8)

Rimane il ricordo di un ragazzo

“… da casa ho sentito l’eco degli spari e dopo che cessarono corsi anch’io a San Rocco, perché lì si era svolta la sparatoria. Vidi due mucchi di neve macchiati di sangue. I corpi dei feriti ed uccisi erano già stati rimossi.”

Fotografie e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

  1. Giuseppe Fanciotto, di Celeste e Maddalena Monfrino, nato il 19 settembre 1901 a San Mauro Torinese, di professione tornitore, era l’ultimo Segretario del Partito Nazionale Fascista sanmaurese prima del suo scioglimento il 25 luglio 1943. Dopo la liberazione di Mussolini il 12 settembre 1943 e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, Fanciotto aderì al PFR (Partito Fascista Repubblicano) e divenne Commissario del Fascio Repubblicano sanmaurese fino a seguire le fasi della militarizzazione del PFR, e, per
    naturale conseguenza, aderire alla Brigata Nera “Ather Capelli”.  Si tratta della figura di fascista ormai famosa in San Mauro per la sua tragica fine durante i giorni della resa dei conti.  (back)
  2. Cartuccia è Giraldo Enzo comandante del distaccamento “Barca” della 19ª Brigata Garibaldi, http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=44647, verrà poi ucciso in combattimento durante un rastrellamento a Morozzo (CN) il 7 marzo 1945 e verrà decorato con la medaglia d’oro.  (back)
  3. Moretta, o Moretto, è Pampione Angelo comandante della 19ª Brigata Garibaldi, http://intranet.istoreto.it/partigianato/dettaglio.asp?id=63823  (back)
  4. Dr. Giuseppe Solaro commissario federale del PFR di Torino.  (back)

L’11 gennaio 1945 durante il rastrellamento in Val di Susa i nazifascisti uccidono il partigiano sanmaurese Mario Morello (Romblè).

Il 3 gennaio 1945 il Sim (Servizio Informazioni Militari) avvertì il comando della 17^ brigata Garibaldi della preparazione di un massiccio rastrellamento nazifascista in Valle di Susa.

Il comando partigiano decise di attuare una “vera e propria pianurizzazione della brigata”, rimanendo in valle solo il distaccamento “Faleschini” a.

Il rastrellamento iniziò alle ore dieci dell’11 gennaio e coinvolse 5.000 soldati mimetizzati di bianco e ben equipaggiati, appoggiati nella loro avanzata dai carri armati e dall’artiglieria. I nazifascisti salivano, con una manovra a tenaglia, contemporaneamente da Almese e da Viù, con la speranza di bloccare le vie di fuga ai partigiani e trasformare la valle in una trappola, ricalcando così il rastrellamento del 2 luglio.

In valle erano, però, rimasti solo i partigiani del distaccamento “Faleschini” e alla sera dell’11 gennaio il bilancio per la brigata era di un garibaldino morto, 11 partigiani catturati e il ferimento del comandante di brigata “Deo”.
Il partigiano morto è il sanmaurese Mario Morello.

Morello Mario (Romblè), classe 1914
Morello Mario (Romblè), classe 1914

Mario Morello (Romblè), nato il 23 marzo 1916 a S. Mauro Torinese, residente a S. Mauro Torinese in Via Castelverde 8, di professione falegname, l’8 settembre era Caporale dell’Aeronautica del Regio Esercito, in congedo dal 3 febbraio 1942 nel Distretto Militare di Chivasso. Il 26 gennaio 1944, richiamato dall’esercito della RSI, si presenta però allo stesso Distretto e viene arruolato volontario nel Btg San Marco. Non si hanno più sue notizie fino al 20 ottobre dello stesso anno quando lo troviamo in forza nella 17^ Brigata Garibaldi “Felice Cima”, operante nella bassa Valle di Susa, con cui rimane condividendone le sorti fino all’11 gennaio 1945 quando viene ucciso, dai nazifascisti, durante un rastrellamento, nella Regione Miande Marin del comune di Rubiana.
Con Mario Morello si trovava anche il sanmaurese Silvio Mazzucco (Basilio, Silvano), che però lasciò la Brigata dopo il rastrellamento in cui perì Mario.

Mario Morello è ricordato in San Mauro Torinese nella Colonna del Monumento ai Caduti e nel Viale della Rimembranza.

Fotografie e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

  1. Nome di uno dei 26 partigiani che trovarono la morte durante l’eccidio del Colle del Lys del luglio 1944  (back)

20 dicembre 1944 a Coazze

I locali del Comune di San Raffaele Cimena conservano esposta su una parete la fotografia del partigiano Carlo Giorgio Ferrarese a cui è intotolata una via del paese. a

Ferrarese Carlo Giorgio (Giurgin) in San Raffaele Cimena
Ferrarese Carlo Giorgio (Giurgin) in San Raffaele Cimena

Carlo Giorgio Ferrarese (Giurgin) era nato il 6 maggio 1925 a Rosolina (Rovigo) ed abitava in Strada Chivasso di Gassino Torinese. Bersagliere all’8 settembre, non rispose alle chiamate dell’esercito di Salò e nel luglio del 1944 divenne partigiano in montagna nella brigata “Nebiolo” della divisione autonoma “Sergio De Vitis”.
Durante la sua militanza fu catturato dai nazi-fascisti a Mollar dei Franchi (Giaveno) e portato a Coazze dove venne fucilato il 20 dicembre 1944.

Con lui altri due partigiani della stessa formazione subirono la medesima sorte. Sono: Enzo Guidi nato il 6 settembre 1926 a Codigoro (FE) dove abitava in Località Aquilone e Germano Ligi Barboni (Ligi) nato il 21 dicembre 1925 a Genova (GE) dove abitava in via Zerbino 18/12.
Tutti e tre avevano raggiunto la Brigata Nebiolo della Divisione De Vitis nel 1944: Giorgio (Giurgin) in luglio, Enzo in marzo e Germano (Ligi) in settembre.

Lapide che ricorda Giorgio Ferrarese all'Ossario di Forno di Coazze (2016-11-03)
Lapide che ricorda Giorgio Ferrarese all’Ossario di Forno di Coazze (2016-11-03)

Tutti e tre sono ricordati nell’Ossario dei Caduti della lotta di Liberazione di Forno di Coazze: Giorgio (Giurgin) con una lapide nella parte a destra dell’ingresso all’Ossario (è la seconda nella terza fila).

Come ho scritto in un post precedente, anche il sanmaurese Pietro Morello, trucidato al rifugio Geat con altri tre partigiani il 12 maggio 1944, militava nella divisione “Sergio De Vitis” ed è ricordato nell’Ossario di Forno.

Maggio 1945 a Torino dopo la Liberazione. Brigata "Secondo Nebiolo" e il comandante "Frico", Tallarico Federico.
Maggio 1945 a Torino dopo la Liberazione. Brigata “Secondo Nebiolo” e il comandante “Frico”, Tallarico Federico.

 

Approfondimenti e riferimenti:

  1. Comunità Montana Val Sangone e Comitato Gestione Ossario Caduti – Forno di Coazze (a cura di), Ricordi ed immagini della Resistenza in Val Sangone, Giaveno 1998.
  2. Sonzini Mauro, Abbracciati per sempre. Il rastrellamento del maggio ’44 e l’eccidio della Fossa Comune di Forno di Coazze, Gribaudo, Savigliano 2004.
  3. Banca dati del Partigianato piemontese

 

 

  1. Devo questa informazione alla sensibilità di un amico  (back)