Gli alleati attorno a San Mauro

La mappa qui riprodotta è stata estratta da una comprendente tutta la Provincia di Torino dove sono evidenziate le località che hanno coinvolto gli Alleati anglo-americani durante la guerra (1940-1945) .

Gli Alleati nei dintorni di San Mauro
Gli Alleati nei dintorni di San Mauro
Gli Alleati nei dintorni di San Mauro legenda
Gli Alleati nei dintorni di San Mauro legenda

Sono evidenziati: in rosso i campi di prigionia, in verde i luoghi di rifugio dopo l’8 settembre 1943 e in blu quelli interessati alle missioni alleate (1944-1945).

I campi di prigionia più vicini a noi sono quelli di Settimo Torinese e Gassino (Castiglione Torinese). Dopo l’8 settembre le località che offrirono rifugio ai militari alleati invece si moltiplicarono: Chivasso, Volpiano, Leinì, Sambuy, Castiglione, Cinzano, Sciolze, Montaldo e Baldissero.

La comunità di Castiglione e don Brovero Giuseppe

Significativa fu l’ospitalità della comunità di Castiglione che don Brovero Giuseppe curò distribuendo i militari nelle case e nelle cascine delle famiglie, nei locali della chiesa, ed organizzando diversi percorsi per condurli fuori dalla RSI.

Verso la fine del mese di luglio 1943 venivano portati in un campo di concentramento in prossimità del Po, nel territorio della parrocchia di Castiglione Torinese, centoventisei prigionieri inglesi per adibirli a lavori di costruzione di un canale per centrali idroelettriche.


Così Don Brovero inizia il suo racconto de “La più grande avventura della guerra vissuta da un piccolo paese,” come titolò “Il Giorno” durante una serie di articoli apparsi nel dopoguerra.

Notizie di questi prigionieri, nella nostra zona, le abbiamo anche dal diario di Carlo Chevallard  che il 17 luglio scrive questa breve nota

Vicino a Rivalba, e precisamente a Sciolze, hanno arrestato due paracadutisti: altri due a S. Mauro e diversi altri nei dintorni.

La sera dell’otto settembre veniva pubblicato l’armistizio ed il giorno nove l’esercito italiano si disgregava.

Nel pomeriggio di quel giorno scendevo per vedere cosa avevano combinato i prigionieri inglesi. Delle persone mi riferivano: “Sono fuggiti nei gorreti del Po e non si lasciano avvicinare da nessuno. Sembra che abbiano paura di essere uccisi dagli italiani”.
Il loro nascondiglio non era sicuro. I Tedeschi li avrebbero arrestati e gli Anglo-Americani avrebbero poi incolpato di negligenza il paese, onde mi inoltravo tra i gorreti. Sentendo che li chiamavo un gruppetto si avvicinava. Giorgio Drew, un protestante che parlava un pochino l’italiano si faceva avanti.


Alla fine di un colloquio in cui i prigionieri prendono consapevolezza della loro nuova condizione e del fatto di essere capitati in un paese di amici, don Brovero “fece cenno con un braccio e si incamminò verso la Valle Scursatone seguito dai prigionieri come un pastore vien seguti dal gregge”.

Il primo “Rancio” è offerto nella casa Lovera ed al termine tutti, guidati da persone della Valle, si sistemano a dormire sui fienili e nelle stalle.

Per i pasti successivi il contributo dei castiglionesi si allarga e, oltre la signora Lovera, contribuiscono il portoniere Giacomo Benedetto, la signora Serentà e famiglia Casaleggio, la signora Gloria Caterina e Liva Ugo e Ida, la famiglia Ferrero Cesare, la famiglia Salvarani e la famiglia Motta.

La vicenda dei prigionieri inglesi si svolse insieme a quella di tutti gli abitanti della zona.

Erano presenti i prigionieri inglesi, i Patrioti di stanza in collina, e arrivavano i Repubblicani di Chivasso che andavano a tirare la pianeta al parroco dicendo: “Venga subito a Chivasso. Deve rintracciare il Capitano e i quattro militi, altrimenti le bruciano Gassino”.
I pericoli corsi sono molti e seri dovuti al fatto di due postazioni tedesche in paese, alla Guardia Repubblicana di Gassino e alla Leonessa, presidio tedesco, di Cimena. I Rastrellamenti furono numerosi: venivano catturati e uccisi diversi Patrioti, ma i prigionieri inglesi furono sempre fortunati.

Qualcuno tentò la strada verso il Col di Tenda dove correva voce (rivelatasi falsa) che la IV Armate resistesse. Altri furono catturati dai carabinieri di Gassino, che riuscivano però a farne fuggire la metà. Altri ancora si unirono ai patrioti sulle montagne di Corio.

Fu costituta anche una catena-percorso che a gruppi di due-tre conduceva gli ex-prigionieri inglesi nella zona di Bosco Nero-Alpette.

A Castiglione ne rimasero 33 nascosti nelle vecchie cave di pietra della Valle Garavaglia e di Cordova e ospitati dalle famiglie.

Altri 12, scoperti dalla Missione Britannica, erano “sistemati nei paesi vicini e devono essere quelli che erano partiti a piedi per Napoli.

Lascio la conclusione di questa vicenda ancora alle parole di don Brovero :

Nei giorni della Liberazione, con materiale messo a disposizione dal parroco, organizzavano un ospedaletto da campo. Entravano anche loro in Torino con i Liberatori.
Un primo scaglione partiva per l’Inghilterra il 6 maggio e l’altro il giorno 8 maggio.
Il Governo inglese inviava in seguito, dei rappresentanti a ringraziare il parroco e in lui la popolazione.
La Regina Elisabetta II di passaggio a Torino, in occasione della sua visita in Italia, riceveva il sindaco di Castiglione ed esprimeva nuovamente la gratitudine dell’Inghilterra.
Come compenso il parroco chiedeva al Governo inglese la costruzione dell’acquedotto per il paese ed esso rispondeva di presentare il progetto e il preventivo. Mentre il geom. Pilone faceva gli studi opportuni, le famiglie che maggiormente avevano contribuito manifestavano la preferenza per una liquidazione privata. Il prof. Stratta, il Comm. Bosio e il Parroco facevano conoscere al Governo Inglese· che rinunziavano ad ogni compenso.


Le fonti: