Il 27 novembre 1944, durante un rastrellamento in Val Chisone, i nazi-fascisti uccidono il partigiano sanmaurese Aurelio Carosso.

Durante i rastrellamenti del novembre-dicembre 1944 nella Val Chisone i nazi-fascisti uccidono diversi partigiani tra cui il sanmaurese Aurelio Carosso. a

La 6ª Banda “Antonio Catania” si era accampata alla Verna, sullo spartiacque Chisola-Sangone, e la Banda Guastatori “Guido Morello” era ai Ciomp, sul sentiero che da Cumiana va alla cappella dei Tre Denti, quando venne preannunciato un rastrellamento.

La sera del 26 novembre i tedeschi armati di mortai e mitragliatrici pesanti si inerpicarono sino ai Ronchi…

La Verna fu incendiata e una lunga colonna nera di fumo si alzò nel cielo grigio d’autunno. Rossi, Bonino, Garuffi, Carosso e Del Bianco andarono verso la Colletta: in regione Dalmassi furono uccisi Giuseppe Bonino e Aurelio Carosso, gli altri vennero catturati qualche giorno dopo in una galleria della polveriera a San Bernardino di Trana.
Rossi, preso disarmato, perché per la ferita al braccio non poteva portare armi, fu fatto prigioniero, Garuffi e del Bianco vennero fucilati a Giaveno: Garuffi detto Tarzan prima di finire al muro riuscì a slegarsi le mani e colpì con un pugno il suo carceriere. Nella stessa notte vennero trucidati nella sola zona di Cumiana cinque civili e le due borgate di Fiola e Morelli furono date alle fiamme.

Il 30 dicembre, alle cinque dei mattino, una compagnia di venti paracadutisti della “Nembo” sorpresero nella villa Pastore, in frazione Porta di Cumiana, otto Guastatori della Banda “Guido Morello”.

All’allarme sei di loro riuscirono a mettersi in salvo attraverso i campi, ma Erminio Long e Giulio Bessone vennero fatti prigionieri e torturati, perché rivelassero dove si trovava Lupo, il Comandante della Banda. Erminio Long si rifiutò di parlare e venne barbaramente trucidato a colpi di calcio di moschetto e poi gettato dalla finestra sotto gli occhi del compagno, un giovane delle ultime leve che, atterrito dalla scena di cui era stato testimone, conduceva i fascisti alla cascina Richetta dove c’era Lupo, convalescente da una grave forma di angina, con Giorgio Catti e Michele Levrino, figlio dei mezzadri della cascina, da quattro mesi partigiano della Banda.
I tre giovani fecero ancora in tempo a rifugiarsi in un nascondiglio predisposto nel fienile che, dopo una minuta perquisizione della casa, venne incendiato. I partigiani resistettero a lungo prima di gettarsi fuori, tra le fiamme, incontro al nemico che li abbatteva con tre raffiche di mitra.



Questi i drammatici momenti che portarono all’uccisione di due partigiani ricordati a San Mauro. Il primo, Aurelio Carosso, è fra i partigiani ricordati nel monumento ai caduti di piazza Vittorio Emanuele; al secondo, Giorgio Catti, è intitolata la scuola elementare di Via Magenta nell’Oltre Po.

Aurelio Carosso, classe 1924
Aurelio Carosso, classe 1924

Aurelio Carosso, classe 1924, partigiano della 1ª Divisione Autonoma Val Chisone, il 27 nobembre 1944, viene ucciso dai nazi-fascisti con il partigiano Giuseppe Bonino, nella regione Montagna Prese di Bruino in seguito a rastrellamento e fucilazione.

 

 

Giorgio Catti, classe 1925
Giorgio Catti, classe 1925

Giorgio Catti, classe 1925, il 30 dicembre 1944 viene ucciso dai nazisti con i due partigiani Giovanni Michele Daghero (Lupo) e Michele Levrino alla cascina Richetta in frazione Porta di Cumiana ed è decorato con medaglia di Bronzo al Valor Mlitare.

 

Fotografie e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

 

 

  1. Angela Trabucco, Resistenza in Val Chisone e nel Pinerolese, Arti Grafiche, Pinerolo (Torino) 25 aprile 1984, p. 217.  (back)

Il 24 settembre 1944 in uno scontro a Torre Mondovì fra la Brigata Val Casotto e i tedeschi viene ucciso il sanmaurese Renato Glaray (Tenente Renato)

Nel mese di settembre 1944 diverse sono le azioni della Brigata Val Casotto, in cui Renato è Comandante di Distaccamento e Commissario di Brigata, fino a quando

il 24, a Torre avviene lo scontro con una pattuglia tedesca. Sono presenti Glaray Renato e Lubatti Giuseppe. Il primo viene ucciso, mentre il secondo rimane solamente ferito e verrà fucilato ad Altare il 3 di novembre.

Il Sacrario Partigiano a Bastia Mondovì, inaugurato nel 1947, custodisce i resti di diversi caduti della guerra di Liberazione e ricorda i nominativi dei caduti del 1° Gruppo Divisioni Alpine delle Formazioni Autonome che combatterono in zona. In una delle 831 lapidi, è anche ricordato Renato Glaray.

Vista della Cappella di San Bernardo del Sacrario dei partigiani a Bastia di Mondovì e ingrandimento della lapide che ricorda Renato Glaray (Renato) nel Sacrario.
Vista della Cappella di San Bernardo del Sacrario dei partigiani a Bastia di Mondovì e ingrandimento della lapide che ricorda Renato Glaray (Renato) nel Sacrario.


Renato Glaray (Renato), militò nella Banda Valle Stura dall’inizio di maggio alla fine di agosto 1944. Il mese di settembre lo vide come Comandante di Distaccamento (Capitano) e Commissario di Brigata nella 4ª Divisione Alpi fino a quando cadde in combattimento il 24 settembre 1944 a Torre Mondovì.

Foglio Notizie rilasciato dalla Commissione Regionale Riconoscimento Qualifica Partigiani che hanno operato in Piemonte, in cui si legge il ruolo partigiano riconosciuto di (Capitano) Commmis. di Brigata.
Foglio Notizie rilasciato dalla Commissione Regionale Riconoscimento Qualifica Partigiani che hanno operato in Piemonte, in cui si legge il ruolo partigiano riconosciuto di (Capitano) Commmis. di Brigata.

Renato Glaray non è ricordato a San Mauro nella colonna del monumento ai caduti per la guerra di Liberazione, ma solo nel Viale della Rimembranza.

Fotografie e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

 

Il 12 maggio 1944 il sanmaurese Pietro Morello è trucidato con altri 4 partigiani al rifugio Geat nel Vallone del Gravio

Così dal libro di Mauro Sonzini “Abbracciati per sempre”:

Il 10 maggio 1944 la Val Sangone viene investita da uno tra i più efferati rastrellamenti dell’occupazione nazista in Italia. Nata in ritorsione all’attacco di Cumiana d’inizio aprile. L’operazione il cui nome in codice “Habicht (Astore)” è al comando del colonnello Ludwig Buch e si prefigge l’obiettivo, nell’arco di otto giorni, di annientare la presenza partigiana in valle, innescando una frattura con la popolazione civile.
L’operazione in tre fasi (attacco militare, inibizione della popolazione, esecuzioni di massa) si chiude il 18 maggio con un’impressionante scia di morte e distruzione: oltre 100 partigiani uccisi, diverse borgate saccheggiate, devastate e bruciate, un imprecisato numero di deportati, tre stragi di massa (Pinasca, S. Antonino e Forno di Coazze).

Sergio De Vitis, comandante della Banda Sergio, cerca di portarsi fuori dal rastrellamento e all’alba del 12 maggio manda in avanscoperta un gruppo di cinque partigiani seguito a distanza dal resto della banda. Valerio Martoglio ventiduenne, comanda il gruppo che comprende Vincenzo Governato ventenne, Pietro Morello diciannovenne come pure Giuseppe Staorengo e Aurelio Del Martino. All’altezza del rifugio Geat nel vallone del Gravio cadono però in un’imboscata: i nazisti li attendono,

li sopraffanno, li interrogano, li torturano e infine li trucidano. I loro corpi saranno quindi recuperati dai civili, provvisoriamente interrati in una fossa comune a ridosso del rifugio e, da novembre 1945, tumulati nell’Ossario dei Caduti di Forno di Coazze. I componenti del drappello saranno tutti insigniti di medaglia al valor militare: a Martoglio andrà quella d’argento, agli altri quella di bronzo.

Vallone del Gravio (v. di Susa) - Rifugio GEAT (m. 1478) da una cartolina d’epoca
Vallone del Gravio (v. di Susa) – Rifugio GEAT (m. 1478) da una cartolina d’epoca
Pietro Morello, classe 1925, medaglia di Bronzo al VM, 1944.05.12
Pietro Morello, classe 1925, medaglia di Bronzo al VM, 1944.05.12

 

Pietro Morello, di Domenico e di Paparello Teresa, nato il 1925.02.13 a S. Mauro Torinese, residente a Torino in Strada Superga 37, Partigiano della 43ª Divisione De Vitis dal 1944.02.27, caduto il 1944.05.12 in combattimento al rifugio Geat nel Vallone del Gravio durante il rastrellamento di maggio in Val Sangone,

 

 

A Pietro fu concessa la medaglia di Bronzo con la motivazione:

Animato da puri sentimenti patriottici, entrava all’armistizio nelle locali formazioni partigiane di montagna, per combattere l’oppressore. Durante un pesante rastrellamento nemico, pur battendosi validamente, veniva catturato. Sottoposto ad atroci torture e sevizie, sopportava ogni brutalità, preferendo la morte piuttosto che svelare notizie che avrebbero danneggiato le forze partigiane della sua formazione
Vallone del Gravio (Torino), 10 maggio 1944.

Pietro Morello è sepolto e ricordato insieme alle molte altre vittime del nazifascismo nell’Ossario dei Caduti della lotta di Liberazione a Forno di Coazze – Cimitero di Guerra. Una lapide lo ricorda in S. Mauro nel parco della Rimembranza all’ingresso del Cimitero, ma non nel monumento ai caduti.

Fotografia e testo sono tratti dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice, 2024.

 

La farmacia “Bonino” al 45 dell’attuale via Martiri e il ten. Lionello Renaldi (Nello)

Al n. 45 dell’attuale via Martiri della Libertà negli anni 1943-45, si trovava la farmacia “Bonino”.

La farmacia "Bonino"
Una fotografia di oggi dell’edificio dove negli anni 1943-45 era situata la farmacia “Bonino”


Era una sede clandestina della Resistenza sanmaurese.
Era il primo punto di snodo di una catena per la trasmissione di documenti (ordini, volantini, giornali, etc.) armi e materiale per azioni e sabotaggio che partiva dal comando militare di Torino, attraversava le farmacie di San Mauro e di Gassino e raggiungeva il Monferrato.
Ecco come iniziava la catena nella testimonianza di Domenico (un ragazzo del 1927):

“Ero molto giovane e frequentavo la scuola a Torino e, ancor prima ch’io facessi parte di una formazione partigiana (nome di battaglia Mingo), alcune persone legate alla resistenza mi pregarono di trasportare dei piccoli pacchi da consegnare alla farmacia di San Mauro, invitandomi a fare attenzione durante il tragitto a non tenere con me il materiale consegnatomi, ma nasconderlo in alcuni anfratti esistenti nella carrozza tramway della linea che univa Torino a Chivasso/Brusasco per non essere sorpreso, in caso di perquisizione, con il possesso del materiale, e così feci per diverse volte!”

La farmacia era gestita da Felicita Bego Voeva (Colomba) e impiegava Aurora Rosso e il ten. Lionello Renaldi (Nello), mentre per Gassino il riferimento era il “marmocchio” Giacomo Maesani (Pistacchio) del 1929.
Il ten. Lionello Renaldi (Nello), reduce dalla campagna di Russia, dopo l’8 settembre decise di resistere all’occupazione nazi-fascista con altri sanmauresi antifascisti, d’ispirazione moderata, cattolica, liberale e monarchica, e partecipò a costruire la “VII divisione Monferrato” una formazione militare autonoma che dipendeva dal CLN e dal CMRP (Comando Militare Regionale Piemontese).
Nello poi partecipò al CLN sanmaurese clandestino fino al 25 aprile e al primo CLN successivo. Nei giorni dell’insurrezione di Torino è al Comando Militare e in un bollettino notizie del 27.4.45 alle ore 8 leggiamo:
“Varie: i ponti sembrano tutti intatti. Certamente intatto è il Ponte Umberto I che è presidiato dalla Divisione “Monferrato” (Nello ).”

La data “27.4.45” ci fa pensare che la ricorrenza che celebriamo oggi è sicuramente significativa dei valori della Resistenza, ma non sempre riesce ad evocare il percorso finale per la liberazione che celebriamo: la discesa nel capoluogo delle formazioni foranee, liberando paesi ancora occupati dai fascisti, per collegarsi alle formazioni cittadine che stavano insorgendo o erano già insorte a Torino. Tutto questo non si concluse ma iniziò il 25 aprile (Aldo dice 26×1).
La VII Divisione Autonoma Monferrato si avvicinò a Torino lungo la sponda destra del Po dopo aver ottenuto la resa del presidio fascista di Cimena unendosi alle brigate Matteotti e così attraversò San Mauro.
La 4^ Divisione Garibaldi, a cui apparteneva il distaccamento di Aldo Maiolo (Bil), scese su Torino dalla zona di Favria-Rivarolo lungo un percorso in cui numerosi erano i presidi nemici da superare in combattimenti, che causarono la morte di diversi partigiani, tra cui anche il sanmaurese Alcide Bordin (Colonna) del 1926, prima di raggiungere la Falchera a Torino.

San Mauro Torinese, 25 aprile 2023
Viva la Resistenza e viva il 25 aprile.

Il carro armato della Monferrato

Battistelli e Crociani - La guerra partigiana in Italia - Il carro armato della Monferrato

Il Carro Armato con la scritta “W La Monferrato” ha una storia.

Come compare nella copertina di questo sito è probabilmente nella forma in cui giunse a Sassi ed è tratta dal libro di Battistelli e Crociani  con questo commento

Alla fine dell’aprile 1945 i partigiani della 7a divisione “Monferrato” entrano a Torino a bordo di un carro armato con un cannone semovente italiano da 75 mm, preso probabilmente al gruppo corazzato “Leonessa” dell’Esercito Nazionale Repubblicano. Sebbene appartengano a quella che parrebbe una formazione indipendente, per prudenza hanno dipinto sulla lamiera anteriore dello scafo lo slogan “W Stalin” al disopra del nome della divisione. (Vitelli).


Riferimenti


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