Il 12 maggio 1944 il sanmaurese Pietro Morello e trucidato con altri 4 partigiani al rifugio Geat nel vallone del Gravio

Così nel libro di Mauro Sonzini “Abbracciati per sempre”:

Il 10 maggio 1944 la Val Sangone viene investita da uno tra i più efferati rastrellamenti dell’occupazione nazista in Italia. Nata in ritorsione all’attacco di Cumiana d’inizio aprile. L’operazione il cui nome in codice “Habicht (Astore)” è al comando del colonnello Ludwig Buch e si prefigge l’obiettivo, nell’arco di otto giorni, di annientare la presenza partigiana in valle, innescando una frattura con la popolazione civile.

Sergio De Vitis, comandante della Banda Sergio, cerca di portarsi fuori dal rastrellamento manda in avanscoperta dai laghetti della Balma verso la valle Susa un gruppo di cinque partigiani seguito a distanza dal resto della banda.

Il ventiduenne coazzese comandante di distaccamento Valerio Martoglio, il ventenne orbassanese Vincenzo Governato, il diciannovenne Pietro Morello di S. Mauro Torinese, il diciannovenne torinese Giuseppe Staorengo e il diciannovenne carabiniere valtellinese Aurelio Del Martino cadono però in un’imboscata: nel rifugio Geat val Gravio i nazisti li attendono, li sopraffanno, li interrogano, li torturano e infine li trucidano. I loro corpi saranno quindi recuperati dai civili, provvisoriamente interrati in una fossa comune a ridosso del rifugio e, da novembre 1945, tumulati nell’Ossario dei Caduti di Forno di Coazze.

Vallone del Gravio (v. di Susa) - Rifugio GEAT (m. 1478) da una cartolina d’epoca (Archivio privato Guglielmo Girardi)
Vallone del Gravio (v. di Susa) – Rifugio GEAT (m. 1478) da una cartolina d’epoca (Archivio privato Guglielmo Girardi)

Pietro Morello, 1925, medaglia di Bronzo, 1944.05.12. Motivazione della medaglia di Bronzo 

Pietro Morello, 1925, medaglia di Bronzo, 1944.05.12
Pietro Morello, 1925, medaglia di Bronzo, 1944.05.12

Animato da puri sentimenti patriottici, entrava all’armistizio nelle locali formazioni partigiane di montagna, per combattere l’oppressore. Durante un pesante rastrellamento nemico, pur battendosi validamente, veniva catturato. Sottoposto ad atroci torture e sevizie, sopportava ogni brutalità, preferendo la morte piuttosto che svelare notizie che avrebbero danneggiato le forze partigiane della sua formazione
Vallone del Gravio (Torino), 10 maggio 1944.



Pietro è sepolto e ricordato insieme a molte altre vittime del nazifascismo nell’Ossario dei Caduti della lotta di Liberazione a Forno di Coazze – Cimitero di Guerra Una lapide lo ricorda in S. Mauro nel parco della Rimembranza all’ingresso del Cimitero (ma non nel monumento ai caduti).

L’Ossario partigiano a Forno di Coazze e la lapide che ricorda dove è sepolto il sanmaurese Pietro Morello disposta sulla parete destra guardando l’ingresso della cappella (foto 20161103 dell’Archivio privato Guglielmo Girardi)
L’Ossario partigiano a Forno di Coazze e la lapide che ricorda dove è sepolto il sanmaurese Pietro Morello disposta sulla parete destra guardando l’ingresso della cappella (foto 20161103 dell’Archivio privato Guglielmo Girardi)

Le notizie sono tratte dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice libri, 2024.

Il 2 maggio 1944 a Borgo San Dalmazzo vengono fucilati 13 partigiani tra cui il sanmaurese Vittorio Ferrero.

Il 24 aprile 1944 i tedeschi risaliti dal Vallone dell’Arma e dalla Valle Grana accerchiano diverse squadre di partigiani: per molte ore si combatte attorno al noto santuario [San Giacomo], due partigiani vengono subito uccisi in combattimento, altri vengono caricati su autocarri e portati a valle.
Questi combattimenti rappresentarono un punto molto importante per la resistenza delle bande partigiane negli scontri con le truppe nazifasciste impegnate nel rastrellamento.

Infatti, Paolo Greco, nel diario del CLN piemontese, scrive

“Il CLN delibera la citazione all’ordine del giorno delle formazioni GL di Val Maira, Val Varaita, Gesso, Stura per vittoriosa resistenza marzo-aprile.”

Ma da Castelmagno arrivano invece notizie disastrose. Alla sera del 27 Nuto Revelli annota che “Oggi, a Castelmagno, i tedeschi e i russi hanno sorpreso il grosso della II banda in fase di trasferimento dalla valle Maira. I partigiani di Rosa erano nelle case, riposavano. Per miracolo non cadde tutta la formazione. Feriti e morti dei nostri, e quindici prigionieri, fra cui il tenente Boschiero.

Dopo un breve periodo di prigionia a Castelmagno la mattina del 2 maggio i 14 prigionieri vengono trasferiti a Borgo San Dalmazzo per la fucilazione. Tra essi il sanmaurese Vittorio Ferrero.

Beppe Lerda, uno dei prigionieri condannati a morte, rivolge (e tutti lo ascoltano)  a don Viale, che li assiste, questa domanda:

Ma vicario, la nostra vita che sparisce così è una cosa giusta?

Altro che giusta. È una cosa santa, non solo giusta.

 

Noi abbiamo combattuto, abbiamo resistito. Abbiamo fatto bene, no?

Altro che bene. Perché hai dei dubbi?

 

Sì, sono tanti i dubbi che si agitano nella mia mente. E mi rivolgo a lei che è più esperto di me delle questioni della coscienza.

Guarda, Beppe, che i tuoi due preti, don Bernardi e don Ghibaudo, ammazzati prima di voi [BOVES], sono dei martiri. Anche voi, se saprete affrontare la morte con un certo spirito cristiano, sarete dei martiri. Ma anche se non siete cristiani… sarete comunque dei martiri: martiri della giustizia e della libertà. Pensa alla chiesetta, quella che è vicina al Ponte di ferro, dove hanno ucciso San Dalmazzo. Là c’erano una trentina di giovani con San Dalmazzo. Tutti massacrati. Sono trascorsi diciassette secoli, e li ricordiamo ancora. Voi vi aggiungerete a quella schiera di martiri.

Beppe, dopo queste parole, apparve più sereno.

Intanto piantarono due pali lungo il muro del cimitero. Tutto era pronto per l’esecuzione.

Chiamano Beppe Lerda e Vittorio Ferrero. Li costringono ad abbandonare le scarpe, a camminare a piedi nudi. Li legano ai pali, li bendano. Poi le raffiche e i colpi di grazia al cuore o alla testa.


Poi sistemano i primi due nelle casse, e avanti altri due. Chi dirige le operazioni è il maresciallo tedesco, quello di Tetto Gallotto. I miei occhi sono sempre più annebbiati, e piango, piango. Il massacro precede con una lentezza esasperante. [ … ].

 

Il tredicesimo è solo, poverino, in quel mare di sangue. È li accanto ai pali, e deve assistere a una discussione abbastanza lunga tra il maresciallo tedesco e un certo commendator R., che chiede che l’ultimo dei tredici, che è il più giovane, non venga fucilato. Insiste. Ma tutto e inutile.


Dopo due ore, tanto è durato il massacro, non rimangono che i pali sforacchiati dalle pallottole, e le tredici bare.


Tutti gli anni don Viale ricorderà quei ragazzi fucilati al cimitero di Borgo rinnovando nel ricordo quella sofferenza e quella violenza ingiustificata, ricordandoli come i martiri di San Dalmazzo.
Essi sono:

1) Lerda Giuseppe, 2) Ferrero Vittorio, 3) Longo Galliano, 4) Giordana Lorenzo, 5) Tuninetti Giovanni, 6) Cavallero Tomaso, 7) Bobbio Armando, 8) Boschiero Riccardo, 9) Paparella Domenico, 10) Donadio Pietro, 11) Quaranta Michele, 12) Gozzo Prospero, 13) Berno Erpidio.


Vittorio Ferrero, 1924, medaglia di Bronzo al VM, 1944.05.02
Vittorio Ferrero, 1924, medaglia di Bronzo al VM, 1944.05.02
Vittorio Ferrero, 1924, medaglia di Bronzo al VM, 1944.05.02

Motivazione della medaglia di Bronzo al VM

Audace e generoso partigiano, si aggregava volontariamente a un distaccamento che aveva il compito di resistere ad oltranza contro l’avversario incalzante. Durante varie ore di lotta continua dava prova di tenace volontà, di salda disciplina e di indomito valore. Catturato, sopportava stoicamente sevizie e torture e preferiva la morte piuttosto che piegarsi alla volontà dell’oppressore. Cadeva sotto il piombo nemico al grido di “Viva l’Italia”.
Castelmagno (Alta Valle Grana) – Borgo S. Dalmazzo (Cuneo), 2 maggio 1944.



Ricordato in San Mauro Torinese Colonna Caduti
Ricordato con tutti gli altri giovani in una lapide posta il 25 aprile 2009 a Borgo San Dalmazzo nella piazza 2 maggio che ricorda l’eccidio dei 13 ragazzi.

Le notizie sono tratte dal mio libro “Sanmauresi nella Resistenza: tracce e percorsi”, Araba Fenice libri, 2024.